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Milano, 4 ottobre 2014 - 12:20

Bianchi-Mehta, strappo sul podio
«Nuovo direttore per il teatro»

Il sovrintendente: «Con lui abbiamo già parlato, ha dato molto. Ma ha anche ricevuto»

di Marzio Fatucchi

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Francesco Bianchi, sovrintendente del Maggio musicale e prima ancora Commissario della fondazione: il piano che ha presentato al ministero è già alla Corte dei conti per l’ultimo visto. Il Maggio, almeno dal punto di vista finanziario, sembra uscito dal tunnel e pronto a ripartire. Come ci siete arrivati?

«Il decreto Bray per il salvataggio delle fondazioni lirico sinfoniche è stato emanato a luglio e convertito in legge il 7 ottobre. Siamo partiti subito. A gennaio 2014 abbiamo firmato il nuovo contratto integrativo. E subito dopo abbiamo approvato il Piano da presentare al supercommissario delle fondazioni Francesco Pinelli. Il primo colpo è stato l’operazione con le banche, i debiti ridotti da 15 a 3 milioni».

Come avete convinto le banche?

«Abbiamo mostrato i numeri e quello che poteva essere il futuro: o così, o saltava tutto. E le banche hanno concordato».

Quanto ha chiesto, e quanto hanno dato al Maggio, del famoso fondo di salvataggio?

«Ho chiesto 28 milioni, ne arriveranno 27,8. L’atto è alla firma della Corte dei conti».

A cosa serviranno?

«A cancellare i debiti pregressi, la nostra zavorra. I 27,8 milioni andranno resi in 30 anni allo 0,5%. Serviranno per pagare Inps, Inail, Equitalia, Irpef: 12,5 milioni di euro. Poi ci sono 9,5 milioni di euro di crediti con fornitori (dagli artisti alle aziende). E poi 6 milioni di cause, di lavoro o come quella della Manifattura Tabacchi».

E le perderete tutte?

«Molto probabilmente. Il parterre dei creditori che ci ha fatto causa è variegato».

Il piano prevede l’esubero di 53 dipendenti più 6 del corpo di ballo. Che fine faranno? È partita la procedura di trasferimento al ministero?

«Non è partito nulla. Il decreto Art Bonus prevede che all’approvazione del piano, per coloro che sono considerati “eccedenze” (non ci sono nomi e cognomi, solo i criteri), si apra la procedura di mobilità. Cioè il licenziamento, usando la legge 223, per mandarli in Ales (società del ministero, ndr). Io spero che la procedura duri un giorno: la mattina firmo la mobilità, la sera passano ad Ales, se lo Stato fa il suo dovere. Non ho altra scelta che metterli in mobilità».

Le lettere di licenziamento quando partiranno?

«Appena arriva il visto della Corte di conti: poi ci sono i tempi tecnici, ma dal primo gennaio 2015 — così prevede il piano — quei 53 non devono essere più al Maggio. Lo dico subito: chi verrà a piangere per questi licenziamenti si presenti con un assegno in mano per il costo equivalente, se vuole soluzioni alternative».

Il trasferimento dei dipendenti doveva essere a luglio: quanto ha pesato il ritardo?

«Niente: ho presentato il piano con la data di licenziamento dal primo gennaio 2015, solo nella prima versione del piano si parlava di luglio, dopo una lunga discussione col ministero».

E il patrimonio della fondazione del Maggio? Anche quello era sotto zero.

«Il Comune ci deve dare il diritto d’uso del nuovo auditorium, com’è stato prima con il Comunale: verrà valutato e messo a patrimonio».

Risorse a disposizione? Il programma è già stato presentato...

«Fino ad aprile».

E il festival Maggio?

«Sarà un bel Maggio, con Fidelio diretto da Mehta, Pelléas et Mélisande diretto da Daniele Gatti, una deliziosa versione del Giro di vite di Britten in 3D, ci saranno anche gli occhialini. Il resto si saprà più avanti».

Il futuro del Maggio è sempre Zubin Mehta, da 28 anni direttore a Firenze?

«Un progetto artistico di rilancio del Maggio con in più l’Opera di Firenze non potrà avere lui come unico protagonista. Ha dato molto alla città, ma anche ricevuto molto».

E quale è il futuro, quindi?

«Un progetto artistico che si snoda nel lungo termine. Non è una cosa che si improvvisa dalla mattina alla sera. Stiamo parlando di un progetto che durerà almeno 3-5 anni, in cui ci sarà anche Mehta. Con il sindaco Dario Nardella abbiamo già detto al Maestro Mehta che dobbiamo affrontare, con lui, il tema della direzione musicale».

Perché in questo momento Mehta è il direttore principale, non musicale. E quando c’è un direttore musicale, normalmente non c’è un direttore principale. Gli resterà la carica di direttore onorario a vita. Come sarà invece il nuovo direttore musicale?

«Il futuro direttore musicale dovrà condividere con il sovrintendente il progetto artistico a tutto tondo, dovrà garantirà una presenza continuata nel tempo, molte settimane l’anno, rispetto ad un progetto coerente. Non basta avere due titoli con grandi nomi e tre concerti con grandi solisti. Deve essere una figura che sia punto di riferimento per le masse artistiche, che si devono riconoscere in lui».

Avete già scelto chi sarà?

«No, e non è reticenza. Si tratta di individuare una nuova persona di eccellenza, e “quelli bravi” hanno già programmi in corso. Ma Pierangelo Conte, l’attuale coordinatore artistico, ci sta aiutando moltissimo nell’affrontare il progetto complessivo».

Ha mai incontrato Procinsky, il manager che spesso lavora con Mehta?

«Non ricevo quel tipo di persone».

Quale tipo?

«Persone che non mi piacciono per storia, carattere e modo di porsi».

Per fare il Maggio musicale del futuro ci vogliono risorse, tante. Voi giurate di fare la vostra parte. E i privati?

«Lancio un appello alla città: prima c’era l’alibi che dare soldi al Maggio era uno spreco, come gettare quattrini in un pozzo nero. Ora l’alibi non c’è più. Abbiamo bisogno che la città ci sia vicina, che venga a teatro e ci finanzi in modo pesante. Firenze non può non trovare 3 milioni di euro l’anno di sponsor».

Chiederà di poter dare all’Opera di Firenze il nome di un sponsor?

«È possibile, anche se complesso. Stiamo già portando questo progetto in un “road show” in Italia e nel mondo a caccia di sponsorizzazioni. Ed abbiamo contatti con grandi aziende, italiane e straniere».

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