Milano, 7 dicembre 2012 - 19:06

Studiare il lavoro, per scegliere gli studi

Attenzione a farsi guidare solo dalle statistiche sulla maggiore o minore facilità di trovare lavoro a seconda della facoltà scelta

di Leonardo Testai

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«Che monotonia, un posto fisso», ha detto mesi fa il premier Mario Monti fra le polemiche. Ma più di un diplomato su cinque, secondo i dati Almalaurea-Almadiploma, pensa di abbandonare gli studi in favore di un lavoro stabile, e pazienza se è lontano dai suoi interessi e dai suoi studi. La prospettiva di un lavoro remunerativo risulta invece fra i principali driver delle scelte di chi vuole andare all'università, soprattutto per chi viene da istituti tecnici e professionali.

La crisi economica genera messaggi di scarso ottimismo, e un 19enne che non sia benestante ha tutti i motivi per scegliere un percorso che gli consenta di mettere fieno in cascina (e nel conto corrente). Ma attenzione a farsi guidare solo dalle statistiche sulla maggiore o minore facilità di trovare lavoro a seconda della facoltà scelta. «Il mercato del lavoro è mobile, e gli sbocchi che ci sono quando un giovane si iscrive all’università non è detto che siano gli stessi di quando ne uscirà», avverte Anna Nozzoli, prorettore alla didattica dell’Università di Firenze, che coordina le iniziative di orientamento dell’ateneo. La questione, osserva Nozzoli, va affrontata con la giusta misura: «Alle nostre iniziative coinvolgiamo rappresentanti del mondo del lavoro, che raccontano ai giovani quali sono gli sbocchi di ogni corso di studi. Non bisogna guardare solo le percentuali degli occupati».

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