Milano, 7 maggio 2012 - 18:45

Caterina va in... Silicon Valley

Caterina Falleni, 24 anni, livornese, ultimo anno alla specialistica dell’Istituto di via Alfani, è la prima (ed unica) italiana ad aver vinto la borsa di studio della Nasa

di Gaetano Cervone

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Ha fatto tenere tutti col fiato sospeso, ma poi l’atteso sms è arrivato: «Vado in California». E così all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (Isia) di Firenze sono cominciati i festeggiamenti per Caterina Falleni: 24 anni, livornese, ultimo anno alla specialistica dell’Istituto di via Alfani, è la prima (ed unica) italiana ad aver vinto il concorso Axelera Singularity Contest, che da giugno a settembre finanzierà (con una borsa di studio di 30 mila dollari) la partecipazione ad un programma di studio della Nasa. Nella Silicon Valley la giovane livornese troverà un’ottantina di partecipanti tra scienziati, imprenditori ed esperti del settore, selezionati da Axelera e Singularity University con l’obiettivo di trovare progetti o idee che migliorino salute, istruzione e sicurezza nei prossimi tre anni. Insomma: rendere il futuro più roseo, facendo leva sull’innovazione e sull’suo della tecnologia.

«Non ho inventato nulla, non sono una scienziata – spiega con il sorriso Caterina – Ho semplicemente assemblato due tecnologie per creare un sistema di refrigerazione che, sfruttando le caratteristiche dei materiali cambio fase, consente di raffreddare senza ricorrere a fonti tradizionali di energia». Il principio è lo stesso della sudorazione che consente l’abbassamento della temperatura del corpo. E l’intuizione di Caterina parte proprio da questo ed arriva direttamente dalla Tanzania: «Due anni e mezzo fa sono stata in Africa per aiutare mia zia mia nella progettazione di arredamenti per case e ho notato queste apparecchiature piuttosto rurali per il sistema di refrigerazione» ricorda Caterina, che dice si essere andata controcorrente, «perché rispetto ai processi tradizionali di esportazione delle tecnologie dai paesi industrializzati, ho importato invece la tecnologia africana nei paesi dove c’è uno sperpero di energia».

E così appena rientrata in Italia l’idea e l’intuizione ha cominciato a prendere forma, attraverso il suo progetto di tesi “Freeijis” che è stato scelto tra 45 altri lavori provenienti da tutta Europa: «Sinceramente sono ancora abbastanza incredula, tant’è che ho chiesto alla commissione come mai tra tanti progetti anche molto tecnici e redatti da scienziati è stato scelto il mio» confessa. La risposta: lo spirito imprenditoriale e la passione presenti nel lavoro. Elementi che, assieme all’innovazione, non bisogna perdere mai di vista: «Certamente sono ancora piuttosto giovane per poter dispensare consigli, ma una cosa sento di dirla ai miei coetanei e alla mia generazione: credere in se stessi, credere nelle proprie passioni» riflette Caterina, con la mamma «che non si tiene più per la contentezza», il fidanzato «contento a metà perché sarò via tre mesi» e la gioia «di aver portato questa bella soddisfazione alla mia Scuola, Isia, soprattutto perché dall’esterno viene solo associata all’estetica del design, senza che si considerano le enormi potenzialità in termini di innovazione e ricerca».

Orgogliosi e soddisfatti lo sono, naturalmente, anche all’Istituto di via Alfani dove Caterina studia da cinque anni: «Ha dimostrato di poter competere e avere la meglio su persone altamente qualificate e con alle spalle anche due dottorati di ricerca - confessa il direttore, Stefano Maria Bettega, in ansia per non aver ricevuto subito notizie da Milano, dove era in corso la cerimonia - Poi mi è arrivato l’sms che mi annunciava dei suoi tre mesi in California ed allora ho capito». Caterina sarà l’unica italiana a volare nella Silicon Valley: «Orgogliosi di lei e consapevoli di avere tanti altri studenti bravi come Caterina - conclude il prof. Bettega - direttore della piccola comunità pubblica di 200 studenti e 45 docenti che sicuramente costano allo Stato molto meno di qualunque Università».

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