in formazione
Non sempre conviene
studiare all'estero
Vale la pena se si sceglie veramente l'eccellenza
«Vale la pena andare a studiare all’estero? Bisogna sempre fare un’analisi del rapporto fra costi e benefici». Parola di Lorenzo Valeri, docente, oggi alla Luiss Guido Carli di Roma dopo aver insegnato anche presso alcune università del Regno Unito. Una terra che accoglie sempre più accademici italiani (1.120 nel 2010, il 40% di quelli emigrati all’estero) e soprattutto sempre più matricole italiane: dal 1996 a oggi il numero di coloro che hanno fatto domanda per entrare negli atenei britannici è triplicato (dai 772 del 1996 ai 2.509 del 2011), con una percentuale di ammissione rimasta stabile intorno al 50%.
La motivazione dei più sono la ricerca dell’eccellenza nella didattica e il tentativo di giocarsi all’estero anche le proprie chances post-universitarie. Ma Oltremanica c’è davvero il giardino dell’Eden? «Se uno deve andare a Cambridge, a Oxford o alla London School of Economics va bene — spiega Valeri — ma se si pensa di andare ad un’università non di quel livello, una fuori dalle prime posizioni del ranking mondiale, è meglio stare in Italia e posporre questa decisione al post-laurea».
Costoso pagarsi vitto e alloggio, in una città come Londra, e costoso pagarsi gli studi, con rette universitarie che raggiungono le novemila sterline. E poi c’è la burocrazia: «Per il riconoscimento del titolo di studio — dice Valeri — nel caso in cui si voglia seguire una strada professionale in Italia, con l’iscrizione a un albo, o la partecipazione a concorsi per entrare in magistratura o in diplomazia, bisogna fare un passaggio burocratico complesso». Meglio quindi andare all’estero solo alla ricerca di indirizzi o livelli qualitativi scientifici e accademici che non si trovano in Italia; e per il resto, sfruttare le opportunità «internazionali» degli atenei nostrani. «Le migliori università italiane — conclude Valeri — hanno ottimi programmi per fare l’università fuori, e un anno di Erasmus può coprire l’esigenza di andare a studiare fuori per imparare la lingua».
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