Milano, 22 aprile 2014 - 16:18

L'oasi delle albicocche

Sei ettari e mezzo a Venturina, dove i ricercatori dell’Ateneo pisano lavorano per selezionare questo frutto cercando anche di recuperare le varietà più “antiche

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E’ a Venturina, in provincia di Livorno, l’oasi delle albicocche dell’Università di Pisa, un fazzoletto di terra di sei ettari e mezzo, dove da oltre quarant’anni i ricercatori dell’Ateneo pisano lavorano per selezionare questo frutto cercando anche di recuperare le varietà più “antiche” e autoctone. Oggi sono circa cento le selezioni di albicocche allo studio, mentre una trentina sono già state selezionate e “battezzate” dai ricercatori sulla scia del lavoro avviato in passato dal professore Rolando Guerriero dell'Università di Pisa.

La capostipite si può considerare la «Pisana», un genotipo classificato ormai come autoctono che si caratterizza per il frutto molto colorato, con la buccia rosso-arancio ricca di antiossidanti naturali, da cui sono nate, attraverso incroci con albicocchi europei ed extraeuropei, alcune varietà più recenti come ad esempio la «Claudia», la «Bona» o l'«Ammiraglia».

«Uno dei nostri obiettivi è di recuperare il valore nutritivo e organolettico, quindi il sapore, delle varietà più “antiche” senza dimenticare però di migliorare i frutti dal punto di vista dell’aspetto esteriore, che è uno degli elementi fondamentali alla base della scelta dei consumatori», spiega il professor Rossano Massai del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa che prosegue il lavoro di miglioramento genetico dell’albicocco in collaborazione con la dottoressa Raffaella Viti e il dottore Calogero Iacona

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